Ciao, e grazie per essere qui anche questo mese insieme a Questioni di caffè. Prendi un caffè, trova una posizione comoda e preparati a leggere il numero 3!
Bella Lucca Comics & Games! Ma è ancora più bella se te la puoi godere con un po’ di persone che conosci. Oppure se diventa l’occasione per conoscerne di nuove. E qual è una delle scuse più vecchie di sempre per poter passare un po’ di tempo con qualcuno, in qualsiasi situazione o quasi?
Esattamente: prendersi un caffè insieme.
Ma è possibile prendersi un caffè in compagnia e in tranquillità durante la fiera di fumetto più grande e affollata d’Europa?
Long story short: sì.
Sarà l’esperienza, sarà il fiuto per trovare il caffè, sarà che conosciamo le persone giuste, sarà che gli anni di militanza in fiera ci hanno insegnato quali sono i posti giusti ma sì: è possibile prendersi un caffè con relativa calma anche quando la città viene assediata da un sacco di visitatori, paganti e non.
Noi non ci siamo quindi fatti scappare l’occasione di concederci delle soste ristoratrici regolari in diversi momenti delle diverse giornate. Anzi, abbiamo addirittura improvvisato una tradizione di questa edizione, decidendo di prendere il caffè almeno una volta al giorno nello stesso posto, la Pasticceria Dianda, per un paio di ottimi motivi:
è strategicamente vicina a una delle zone che bazzicavamo di più, la Self Area delle autoproduzioni
ha un caffè espresso per niente male, il Moka J-Enne, che scopriamo ora provenire da una torrefazione toscana storica, operativa dal 1878
Oltre a questi… beh, è una pasticceria quindi abbiamo potuto gustare qualche piccola dolcezza qua e là. Forse più di qualche, in effetti, e decisamente tutte ottime.
Ma se la nostra pausa quotidiana da dinamico duo ci ha dato gioie, le pause fatte con persone che non vedevamo da un bel po’ di tempo hanno saputo darcene altrettante. Anche quando si è trattato di strappare un caffè da una macchinetta non esattamente nelle migliori condizioni, la compagnia ha reso quel caffè un bel ricordo. Così come il caffè di fine serata, al termine di una cena, tra il tirare le somme della giornata conclusa e il programmare la seguente, in un misto di meritato relax e tensione per gli impegni che ci aspettano solo dopo poche ore di riposo.
Sono tutti piccoli momenti che collegano come anelli aromatici cinque giornate fatte di migliaia di momenti, alcuni bellissimi, altri sfiancanti, che costituiscono uno degli appuntamenti a cui siamo più legati perché appassionati del fumetto ma pure a vario livello professionisti del settore. Sorseggiare un caffè qua e là con così tante persone, alcune delle quali ci stanno leggendo ora, ha reso quei giorni sì stancanti ma pure più leggeri.
Per cui grazie se avete preso un caffè con noi, e perdonateci se non abbiamo avuto modo di prenderlo con voi. Sarà per la prossima Lucca, o magari per un prossimo evento a cui presenzieremo.
Behind the Cap
E a proposito di fumetti!
Da qualche tempo collaboriamo con molto piacere con Alessandro Rinnovati, che magari conoscete col suo nome di battaglia, CapitanTroll! Fumettista dallo stile sintetico e molto espressivo, con un senso dell’umorismo molto affine al nostro (difficile dire chi dei tre esca peggio da questa dichiarazione) e una bellezza che ci fa sentire in buona compagnia. Tutti motivi per cui una volta al mese scriviamo una striscia comica che poi Alessandro coccola e disegna fino a portarla a compimento.
Dato che il potere del trio coincide con la nostra passione per i fumetti, sia come lettori sia come persone che a vario livello ci lavorano (chi un ambito chi un altro), ci è sembrato del tutto fisiologico usare il linguaggio del fumetto per raccontare qualche aspetto del caffè e, nel frattempo, provare a fare delle battute (quasi) sceme come quelle che facciamo di persona.
Il tutto godendoci il piacere di poter scrivere delle strisce, una delle forme di fumetto più antiche ed efficaci che ci siano, e di poter collaborare in pianta stabile con Alessandro. Tre piccioni con una striscia, insomma.
Volete un esempio? Ecco:
Questa striscia ci torna bene per due discorsi differenti.
Il primo è l’intesa che abbiamo trovato con Cap, che è letteralmente l’altra metà della nostra mela (una mela con tre metà) e che riesce a raccogliere alla perfezione il delirio che attraversa le nostre scatole craniche e a trasporlo in immagini .
Il secondo è proprio legato al processo creativo (che paroloni oggi!) delle strisce di Questioni di caffè. Questa, ad esempio, ci è venuta in mente pensando a uno dei riti quotidiani più diffusi in Italia: il caffè mattutino, quello che si ricerca un po’ per la sua dose di caffeina, un po’ per la sua carica di ritualità che aiuta a ingranare la giornata. Un’abitudine che un sacco di persone hanno fatto propria, a volte quasi senza pensarci, a volte invece godendosela in tutta la sua semplicità.
Giacché in una striscia comica la premessa è solo parte della battuta, se mostrare una persona che sorbisce il suo caffè al bar funge da introduzione dell’ambientazione e del tema, è con la terza vignetta che abbiamo tentato di strappare una risata, usando uno dei trucchi più vecchi dell'umorismo: l’esagerazione di una cosa comune.
Nell’ultima vignetta, infatti, potete vederci serenissimi e calmissimi di fronte a un’ecatombe di tazzine di caffè. La bravura di Alessandro si palesa nel suo saper sottolineare il contrasto tra le due vignette: in quella con l’avventore standard che beve addirittura due caffè recepiamo il suo essere tranquillo e il trovarsi in un ambiente accogliente e del tutto normale. Nella vignetta che ci vede protagonisti, invece, tutto questo scompare: scompare quasi letteralmente l’ambiente, cosa che fa risaltare ancor di più il il tavolo colmo di tazzine, e scompare una qualsiasi parvenza di normalità e tranquillità grazie alle espressioni deformate dei nostri volti. Facendoci recitare con pochi tratti somatici esagerati come occhi arrossati e bocche in posizioni non proprio euclidee, Alessandro potenzia uno spunto buffo rendendolo più d’impatto e, speriamo, più divertente per chi legge.
BONUS! Qui sotto potete trovare la prima versione della seconda vignetta che, come potete intuire, non ci convinceva del tutto in quanto a leggibilità e ritmo:
Intermezzo
Tra le tante cose che ci siamo portati a casa da Lucca Comics & Games ci sono anche queste due bellissime tazze in gres realizzate da Ariel Vittori.
Le abbiamo subito provate per la seconda puntata dei…
TASTING CHIACCHIERATI 2: Ditta Artigianale - Angie, Oscar y Anibal
In questo episodio di Tasting Chiacchierati abbiamo assaggiato il caffè “Angie, Oscar Y Anibal” di Ditta Artigianale, sample in omaggio con l’ultimo numero di Standart.


A: Bentornati a Tasting Chiacchierati! Oggi ci assaggiamo il caffè di Ditta Artigianale “Angie, Oscar Y Anibal” che era in allegato a Standart numero 36. Allora, siccome c’è arrivato prima della consegna abbiamo ricevuto un’e-mail contenente delle ricette di preparazione consigliate direttamente dallo staff di Ditta Artigianale, abbiamo deciso di spararcele tutte e tre… ce n’erano quattro ma noi la macchina da espresso non ce l’abbiamo perché siam poveri. Quindi V60, French Press e AeroPress… AeroPress sarebbe inverted ma noi abbiamo usato il Flow Control Filter Cap quindi l’abbiam fatta normale ma è come farla inverted.
Qui sotto trovate le specifiche delle tre preparazioni:



Partiamo con gli assaggi dal V60 perché mi pare che sia quello che rischia di raffreddarsi più in fretta. Intanto ecco, diciamo che il caffè era molto profumato già prima di essere macinato… e una volta macinato sembrava di essere in un trip allucinogeno da tanto era buono il profumo. Ma sentiamo come risulta anche all’assaggio.
[SORB]
D: Mmmmh!
A: Sì!
D: Che buono!
A: V60 molto fruttato.
D: Estremamente fruttato.
A: Puntina di acidulo ma assolutamente gradevole.
D: Sì, direi acidulo da frutti gialli… frutti tropicali.
A: Sì sì… tipo papaya, mango, quella roba lì, che sono un po’ dolci ma anche un po’ acidini.
D: Comunque controllando sul sito di Ditta Artigianale il caffè prende il nome da Angie, Oscar e Anibal Hernandez che sono le persone che lo hanno lavorato.
A: Ah ecco! Molto bello, tra l’altro, bravi amici di Firenze che noi portiamo nel cuore perché ogni volta che capitiamo a Firenze andiamo in uno dei loro locali… sempre ottime colazioni.
D: E un saluto agli amici di N3rdcore.
A: Sì, ciao!
D: Ma torniamo al caffè.
A: Ecco sì, allora… devo dire che è molto caffeinico. O meglio, diciamo, se la regola “alta salivazione = alta caffeinizzazione” è vera direi che c’è molta caffeina.
D: Sì. Mmmmh… Che buono. Questo è uno di quei caffè da far assaggiare a chi non ama particolarmente l’espresso medio…
A: Sì. O il sapore di un caffè troppo dritto o troppo intenso.
D: … perché le note fruttate sono così marcate da farlo sembrare quasi, quasi—
A: Eccolo! Eccolo! Signore e signori, ascoltatelo, è una cosa che dice sempre!
D: No! Ti fregherò: sembra quasi un tè aromatizzato o comunque con sentori di frutta.
A: Tra l’altro, fruttato ma anche floreale direi.
D: È uno di quei casi in cui si può azzardare il termine “bouquet”.
A: Però c’è un qualcosa come retrogusto che si sente appena al palato ma non riesco a capire cosa sia, è un po’ diverso, come se fosse qualcosa di un po’ più forte.
D: Non c’è quell’amarognolo quasi da agrume?
A: Sì quello c’è ma mi pare che—
D: Di qualcos’altro?
A: Boh magari sono io che ho la lingua che non funziona.
D: Quello può essere.
A: Effettivamente sembra un misto di frutti tropicali vari e di fiori… che non ho mai masticato, quindi non so dire esattamente quale fiore, però…
D: Ah sì, capisco cosa intendi. Quell’amarognolo da pistillo.
A: Sì, se proprio vogliamo metterla così, mettiamola così.
D: Quel retrogusto di linfa tipico.
A: Peraltro io l’ho già finito praticamente. perché a furia di assaggiarlo ci son finito sotto.
D: Sì questi sono buoni perché in teoria dovresti gustarli con calma per apprezzarli, ma in realtà te li vuoi tirare giù alla goccia.
A: Eh, ma io la calma non so che cosa sia.
D: Peraltro, sul sito di Ditta Artigianale – se può interessare – dice che il processo di fermentazione è prolungato con mosto.
A: Sì, avevo letto qualcosa a riguardo ma ora non ricordo con precisione.
D: Sarebbe da approfondire.
A: Tra le altre cose noto solo ora che sulla confezione c’è scritto “Decaf with mosto”. Quindi tanto di cappello perché è fotonico.
D: Se è decaffeinato è il decaffeinato più buono che abbia mai assaggiato.
A: Sì.
D: In effetti qui dice “low caffeine”.
A: Ecco. Che poi alla fine il decaffeinato la caffeina ce l’ha. Ecco, sfatiamo questo mito per gli amici a casa: il decaffeinato la caffeina ce l’ha, quindi se vi bevete dieci litri di decaffeinato camminate sui muri uguale.
D: [ride]
A: Eh.
D: Tu adesso sei passato a…?
A: Questa qui è la French.
D: Ok. Sciacquata di bocca tattica e via!
[SORB]
A: Più intensa.
D: Già dal profumo.
A: Ma comunque stesso bouquet, il che significa che la parametrazione indicata da loro ci sta, alla fine hai un caffè che mantiene un sapore molto simile anche con una preparazione diversa.
D: Sì! Direi che la prima impressione è: stesso caffè, più intenso, un po’ più corposo (ma trattandosi di French Press per forza è più corposo rispetto al V60 che è sempre molto delicato e molto limpido).
A: Ecco, forse azzarderei a dire che l’aroma di frutta cambia quasi tipo, è quasi più frutta tipo albicocca, pesca...
D: Sai che sì? Perché in effetti è un filo meno acidulo.
A: E un po’ più dolce.
D: E poi, continuo a dire, se lo facciamo assaggiare a qualcuno che non sa che è caffè può pensare di stare bevendo del succo di frutta.
A: Ecco questa del succo di frutta è un’altra cosa che gli piace dire sempre!
D: Potrebbe essere buono freddo!
A: Potrebbe essere buono freddo, sì. Sarebbe interessante provare, magari ce lo ricompriamo.
D: Questo sicuro che ce lo ricompriamo.
A: Ce lo ricompriamo quando andiamo a Firenze.
D: Ce lo ricompriamo quando ci fate delle donazioni!
A: Quando ci fate delle donazioni tipo Maurizio.
D: Se ci volete donare direttamente un caffè, vi lasciamo il nostro indirizzo [no, però se volete ci potete scrivere e ve lo diamo privatamente, ndr]
A: Io ho già finito pure questo. Non ho pietà oggi.
D: Sei assetato.
A: È troppo buono. È veramente troppo buono e mi tappa un po’ la scienza perché mi vien voglia di berlo subito.
D: Peccato che il nostro amico Mattia sia stato da poco a Firenze perché se l’avessimo assaggiato tre settimane fa ce ne saremmo probabilmente fatti comprare--
A: CENTO CHILI.
D: Sì.
A: Però vabbè, prossima volta. Cosa dici passiamo già all’AeroPress?
D: Sì sì, così non diventa freddo. Ah, Ditta Artigianale dal sito lo vende in grani ma si può scegliere anche la macinatura per French Press, per filtro, per Moka o per espresso.
A: Beh, giustamente, essendo un caffè che si presta per ciascuna di queste quattro preparazioni, mi pare un’ottima scelta.
D: Sono curiosissimo di poterlo provare una volta espresso.
A: Eh, dovremmo andare là a provarlo in espresso. Effettivamente, ricordiamoci! Intanto sentiamo com’è l’AeroPress.
D: Sì.
[SORB]
A: Incredibilmente è più oleoso della French Press.
D: Beh forse perché abbiamo utilizzato l’AeroPress con il Flow Control Filter Cap che aumenta un pochino la pressione, quindi forse esce un po’ più di sostanza oleosa rispetto all’Aeropress classica.
A: Ti dirò…
D: È più intenso.
A: È più intenso e più succhino.
D: Ma intendi che si sente ancora di più il fruttato?
A: Non so, forse è solo una percezione che mi deriva dal fatto che è più oleoso, più pastoso, ma le note mi sembrano potenziate. Di base mi sembra più dolce e con una punta di amarognolo in più.
D: Sì. Peraltro andando in sequenza dal V60 alla French Press e all’AeroPress si alza un pochino l’intensità.
A: Eh sì.
D: Quindi per certi versi si concentra la parte dolce e spunta leggerissimamente una parte amarognola. Però è un amarognolo di frutta piacevole.
A: Sì sì, un amarognolo sempre molto gradevole. Anche perché comunque è un po’ più dolce E un po’ più amarognolo.
D: Esatto.
A: Quindi alla fine il risultato finale diciamo che è pari. Però [BURP] aumenta l’intensità complessiva del caffè… se ha senso dire queste cose. Per favore, veterani del caffè abbiate pietà.
D: Minchia che buono!
A: Molto buono. Questa la teniamo. Cioè: Ditta Artigianale, “Angie, Oscar Y Anibal”, un caffè che vi farà dire «Minchia che buono!». Io penso che un lancio di marketing meglio di questo non ci possa essere.
D: Sì.
A: Amici di Ditta Artigianale, se vi servono dei copy noi cerchiamo lavoro… sempre, perché, sai com’è…
D: Due dati, in chiusura. Come dicevamo il processo di lavorazione è quello della fermentazione con mosto che poi dovremo approfondire. Arriva dalla Colombia ma la regione più precisa è Huila. La varietà è Caturra e l’altitudine, se ci tenete a saperlo, è 1850 metri.
A: Qui sulla confezione invece dice 1750.
D: Ah.
A: Ah ecco, vedi? Qui non avevo notato perché è scritto in piccolo e siamo in penombra, perché noi operiamo con il favore delle tenebre, ma dice: “Flavor notes: banana, mango, mandarino”, che tutto sommato c’entra, effettivamente quel dolce che dicevo prima tipo albicocca forse potrebbe essere un mix di note di banana e mandarino.
D: Perché no?!
A: Peraltro leggo ora che la bella confezione in cui è arrivato, che mi piace un casino, c’è questo design di pianta di coffea molto stilizzata e grafica davanti… è 100% riciclabile. Che da un lato è bello, ma dall’altro mi spiace perché temo che nel giro di qualche anno lo troverò decomposto in un cassetto.
D: Beh puoi fare un cassetto del compost molto lento.
A: Sì. O lo metto in frigo, magari si tiene. L’importante è non bagnarlo.
D: Ecco.
A: Bene, bene anche per questa volta è tutto.
D: Direi che abbiamo trovato un caffè che sicuramente ricompreremo.
A: Sì, abbiamo trovato il prossimo caffè che ricompreremo. Tanti complimenti a Ditta Artigianale e speriamo di vedervi presto.
Random Acts of Latte Art
Quando si parla di caffè (e suoi derivati), solitamente i sensi coinvolti sono tre.
Gusto e olfatto sono fondamentali per poter gustare un caffè, figuriamoci analizzarlo.
Il tatto è un buono strumento di discernimento tra caffè caldi e freddi (duh), e tra caffè caldi e caffè roventi, che si tratti della mano, delle labbra, della lingua o del palato.
L'udito, invece, è qualcosa di collaterale; lo si usa poco e solo in certe situazioni: i crack dei chicchi durante la tostatura, i rumori della macinatura, il caffè che inizia a salire nella moka, oppure a scendere in una drip machine o in un espresso. E magari in qualche video ASMR.
E la vista?
Beh sì, il colore dei chicchi, del caffè, della crema; ma a parte questo… a voler ben vedere c'è altro, solo che ci dobbiamo spostare ai derivati e considerare il pianeta cappuccino.
Probabilmente avete già capito dove vogliamo andando a parare, ma se non è così non preoccupatevi, perché ci siamo.
Se ci seguite da tempo potreste averci sentito parlare di Latte Art; se invece ci seguite da poco (o pochissimo) c'è sempre l'evenienza che lo sappiate, ma nel dubbio ve lo spieghiamo: la Latte Art è quella cosa per cui quando ordinate un cappuccino a volte vi arriva con la schiuma decorata con un cuore, un cigno o un'altra figura. Richiede un po' di preparazione, di knowhow sull'inclinazione della tazza, sull'angolo di entrata del latte, sulla temperatura, di manualità e allenamento. Richiede anche un minimo di strumentazione (un bricco per il latte, una lancia montalatte).
C'è una frase molto bella che ho letto sul numero 36 Standart, che dice:
Those carefully wrought shapes signify that just a little more time was taken over your drink than might have been, in order to make it beautiful.
"Quelle forme accuratamente sagomate stanno a indicare che alla tua bevanda è stato dedicato un po' più tempo del necessario, con lo scopo di abbellirla".
La frase è tratta da un articolo intitolato "Easy on the Latte Art!" e se ci pensate è abbastanza vera.
Non ci dice nulla del cappuccino in sé, ma ci parla della persona che ce lo ha preparato.
Certo, è bene fare i dovuti distinguo, perché può sempre capitare di trovarsi in una di quelle situazioni borderline in cui il cappuccino ci arriva al tavolo con una decorazione fotonica, ma la lancia montalatte non viene pulita da ore e il portafiltro dell'espresso contiene ancora i resti del macinato del primo caffè servito alle sei di mattina; e allora magari sarebbe stato meglio spendere quel tempo per curare di più il contenuto e meno la forma. Ma si divaga…
Se però consideriamo la cosa dal punto di vista di una situazione ideale in cui la macchina è sempre pulita alla perfezione e il caffè è di qualità, sì, ecco allora che la Latte Art può aggiungere qualcosa alla nostra esperienza.
Però però però…
La frase seguente dell'articolo ha il peso ontologico di un passaggio delle fiabe di Andersen.
But there is beauty, also, in chaos.
"Ma c'è bellezza anche nel caos".
Che è poi il filo del discorso di questo photo-essay realizzato da Olimpia Piccolo. La Latte Art occasionale, quella venuta male, quella che proprio non ci prova nemmeno, porta con sé la possibilità di una bellezza occasionale. Magari meno volontaria, magari meno curata, ma ugualmente struggente.
In fin dei conti, che a monte ci sia la volontà di creare una figura non è nemmeno poi così fondamentale.
Un'inclinazione in un certo modo, uno scatto di polso un po' più ampio ed ecco che l'avventore si vedrà recapitare al tavolo un cappuccino che sfiderà le sue capacità interpretative e la sua immaginazione.
E allora forse non potrebbe essere meglio mettere da parte tutti quei cuori, cigni e piantine, per provare a stimolare un'idea? Perché non iscrivere l'incontro tra caffè e schiuma di latte nelle occasioni di pareidolia, assieme alle nuvole, ai nodi del legno e alla faccia della luna?
Link utili e interessanti
Se avete letto fin qui, meritate qualche link degno di nota!
Cosa consiglia Alfredo:
Standart è una rivista (cartacea) dedicata al mondo del caffè realizzata da appassionati per appassionati, che offre sempre approfondimenti molto interessati affiancati da una ottima cura per il prodotto e da un sample di caffè (che non guasta mai). Se per caso voleste abbonarvi potete farlo dal sito ufficiale.
Il cyberpunk è sbarcato in alcune caffetterie che hanno deciso di adottare un sistema di tracciamento della produttività dei baristi. Non è una cosa che ci entusiasma particolarmente, è bene precisarlo.
Cosa consiglia Davide:
Davide attualmente sta andando a Leeds per il Thought Bubble Comic Art Festival e lo sta facendo in auto, attraversando l'Europa e facendo tappa in tutte le caffetterie che trova. Ecco alcune di quelle che gli sono piaciute particolarmente:
Si conclude così il nostro Grand Tour, ennesima metafora sul viaggio e sul fatto che il vero tesoro sono gli amici con cui ti prendi un caffè lungo il viaggio.